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LA DISCIPLINA DEL TIRO CON L'ARCO di Anna Carnielli Non ripercorreremo certamente in questa sede la storia completa dell'arco e delI'arcieria nei secoli; il nostro intento è quello di presentarvi la storia dell'arcieria moderna, lontana dai tempi mitici degli antichi eserciti e popoli, degli Egiziani, dei Parti, dei Cinesi e degli arcieri inglesi, lontana dal mito di Robin Hood e dei suoi arcieri dai "lunghi archi" o "longbows" e, soprattutto, lontana da Legolas del Signore degli Anelli. E' peraltro assai vero che chi si avvicina al tiro con l'arco e supera il primo anno di tesseramento e istruzione ha sempre, da qualche parte, nascosto il desiderio d'avere un longbow e non sono pochi gli arcieri che lo possiedono, oltre al loro arco da gara. E' un modo di tirare detto "istintivo" che, privandoti dei supporti tecnologici tipo mirino o bilanciatura, permette un rapporto più vero tra arco e arciere. Ma le Olimpiadi sono una cosa assai diversa e noi qui parleremo soprattutto dell'arco moderno, reinserito alle Olimpiadi nel 1972, dopo essere già stato sport olimpico fino al 1920. La prima gara della quale si abbia certa testimonianza si svolse in Inghilterra nel 1583 e contò circa 3000 partecipanti. L'arcieria moderna nasce in Polonia il 4 settembre 1931 con la fondazione della Federazione Internazionale Tiro con l'Arco da parte di sette nazioni: Francia, Cecoslovacchia, Svezia, Polonia, Stati Uniti, Ungheria e Italia. Attualmente conta 132 federazioni nazionali affiliate e ha sede in Svizzera, a Losanna. La storia della Federazione italiana, in realtà, ha un periodo un pò travagliato tra gli anni trenta e i cinquanta, anche se la disciplina continua ad essere praticata pur priva di un'organizzazione centrale. La prima gara ufficiale ha luogo al Pian del Cansiglio nel 1950 e a Milano nel 1959 nasce la prima gara italiana di livello internazionale, il Torneo Ambrosiano, con in palio un collare d'oro (altri tempi!) per l'arciere che lo vinceva tre volte: per la cronaca ce l'ha fatta un francese nel 1969. Nel frattempo vengono fondate altre società - prime fra tutte Gorizia, Treviso, Milano e Roma - e il 17 dicembre 1961 si tiene a Milano l'Assemblea Costituente della Fitarco, presenti e soci fondatori Bergamo, Gorizia, Milano con due società, Roma e Treviso. L'anno successivo si disputano i primi campionati italiani e la goriziana Maria Zonta è la prima campionessa, componente di quella prima nazionale italiana che si pagherà divise e trasferta a Parigi per partecipare ad una gara di Coppa Europa; nel 1966 Luigi Fiocchi ottiene la prima vittoria internazionale di un Italiano vincendo la Coppa Europa. Da allora, i successi sia a livello giovanile che senior non si contano e la nostra Regione ha contribuito in maniera sostanziale: I'arcieria regionale ha infatti dato alla Fitarco Ester Robertson, olimpionica a Los Angeles 1984, tesserata prima con Udine e poi con Lignano; il triestino Ilario Di Buò, campione mondiale indoor in carica, pluricampione italiano che quest'anno ha partecipato alla sua sesta Olimpiade, uno dei tedofori della fiamma olimpica sul percorso italiano; il goriziano Matteo Bisiani, emigrato a Voghera per motivi di lavoro, componente della nazionale italiana medaglia d'argento a Sidney, più volte campione italiano. Ma coloro che hanno vestito la maglia azzurra o hanno vinto un titolo italiano sono molti di più, anche se per ragioni di spazio ne possiamo ricordare solo alcuni: Erik Candotti, figlio di Ester Robertson, campione italiano e detentore del record italiano junior indoor dal 1987, Gilberto Narduzzi, campione italiano nello stesso 1987, Claudio Bossi, pluricampione italiano, Stefania Morini, Stefania D'Andrea, Danilo Chinese, Ciro Cesaratto, Maurizio Bragagnini, campione italiano indoor in carica, Roberto Sattolo, Michela Spangher e, per finire, gli ultimi due gioielli "made in Friuli" Fabiana Patriarca degli Arcieri Celti ed Enrico Morgante degli Arcieri Udine, componenti della nazionale giovanile. Ai mondiali di luglio, svoltisi in Gran Bretagna, lei è arrivata quarta a squadre, lui dodicesimo nell'individuale e settimo a squadre, gara nella quale è stato il migliore degli italiani. Per essere alle loro prime esperienze internazionali lasciano ben sperare.Un aspetto altamente apprezzabile di questo sport è la mancanza di una età massima per praticarlo, c'è solo la minima e sono i sette anni, dopodiché... beh, l'iscritto più anziano della Società Arcieri Udine è del 1926 e si allena quasi tutti i giorni al campo o nel retrobottega del negozio se non ha clienti, ha un arco leggero e facilmente gestibile e pare si diverta molto. A questo punto, è necessaria una pur sintetica illustrazione tecnica dei vari tipi di archi e di gare, particolarmente per tutto quello che, con orrore, si è letto sui giornali dopo la recente medaglia olimpica di Marco Galiazzo. Abbiamo già accennato ai longbows, con i quali però non si fanno abitualmente gare. Gli archi da gara sono di tre tipi: olimpico, nudo e compound. L'olimpico è dotato di mirino e bilancieri, il nudo ne è assolutamente privo e il compound, nato come arco da caccia, è quello corto e con le carrucole reso famoso dal film "Rambo". Come dice il nome stesso l'olimpico è l'attrezzo ammesso alle Olimpiadi, il nudo e il compound partecipano ai Mondiali e ai Campionati continentali. L'arco, qualunque sia il tipo, si compone di tre parti: due flettenti, di potenza variabile a seconda della struttura fisica dell'arciere, e un'impugnatura, di lunghezza variabile in funzione della statura dell'arciere. I materiali variano dalla fibra di vetro, al legno, al carbonio, all'alluminio e con essi varia, ovviamente, il prezzo d'acquisto. A completare il tutto servono corda, in materiale sintetico, mirino, bilanciatura, bottone ammortizzatore, rest poggiafreccia, misuratore di allungo, patella, parabraccio, dragona e, naturalmente, faretra e frecce. Le frecce, d'alluminio o carbonio, si comprano in relazione all'allungo dell'arciere e alla potenza del suo arco consultando, a tal fine, un'apposita tabella. Posso garantire che i 100 euro a freccia dei quali si parlava su alcuni quotidiani sono una bufala: 25 sono più che sufficienti per una freccia di altissima qualità!. Le gare si svolgono sia al chiuso sia all'aperto e la stagione agonistica dura 12 mesi. AI chiuso si tira a 18 o a 25 metri, gara su 60 frecce con scontri diretti finali se è a livello nazionale o internazionale, quali Campionati Italiani, Europei o Mondiali. All'aperto, la stagione invernale propone I'Archery Biathlon - sci da fondo, arco in spalla, si tira in piedi o in ginocchio - mentre la stagione estiva vede una varietà di gare che vanno dal tiro di campagna al Fita. II tiro di campagna consiste in un percorso lungo il quale sono distribuite, a seconda che i giorni di gara siano uno o due, 12 0 24 piazzole di tiro a distanze conosciute e altrettante a distanze sconosciute. I tiri possono essere in salita o in discesa, il bersaglio può essere posizionato storto e l'abilità dei tiratori viene messa a dura prova. Altra gara abbastanza diffusa è il 900 Round, tre distanze tutte con bersaglio grande, la gara ideale per far rompere il ghiaccio ai principianti: non porta a qualificazioni per i campionati italiani ma è divertente e assolutamente non difficile. II Fita è la gara più classica, 4 distanze e 36 frecce per distanza, dai 30 ai 90 metri, gara che impegna una giornata quasi interamente, gara di resistenza ma poco spettacolare, tanto che a livello olimpico è stata sostituita da 72 frecce a 70 metri di distanza tirate come gara di qualificazione, seguite dagli scontri diretti per arrivare alla proclamazione del vincitore. La Tv con le sue esigenze di spettacolo è arrivata anche qui! E chi ha seguito il pomeriggio olimpico di Marco Galiazzo si è reso conto delle emozioni e della tensione che si possono creare se le riprese sono fatte bene e il commento é adeguato. Peccato che la regia greca mostrasse solo uno scontro per volta, sempre quello sui paglioni 3 e 4 incurante di chi tirasse sui paglioni 1 e 2, penalizzando spesso gli atleti italiani. Anna Carnielli
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